Malattia di Batten: Ilenia e Devis, alla ricerca di una terapia per i propri figli

Ilenia e Devis insieme ai loro figli Edoardo e Clarissa

Il racconto di due genitori emiliani costretti a trasferirsi a Roma e poi ad Amburgo nella speranza di poter garantire un futuro migliore ai piccoli Edoardo e Clarissa

Poggio Renatico (Ferrara) – Quella di Ilenia e Devis, fino a pochi anni fa, era una vita normale: la coppia aveva un figlio, Edoardo, ed era in attesa di una bimba che avrebbe chiamato Clarissa. Allora nessuno poteva immaginare che Edoardo, in apparenza perfettamente sano, fosse in realtà affetto fin dalla nascita da ceroidolipofuscinosi neuronale o malattia di Batten: una patologia genetica rara devastante e con una progressione rapidissima. Edoardo, all’età di tre anni ha avuto le prime crisi epilettiche, a quattro aveva problemi di equilibrio e faticava a camminare e a cinque ha smesso del tutto di farlo, a sei ha iniziato ad alimentarsi tramite una gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) e oggi, a undici anni, è in sedia a rotelle e non parla.

La diagnosi arrivò proprio mentre Ilenia era incinta di Clarissa. “All’Ospedale Bellaria di Bologna, il neuropsichiatra infantile, prof. Giuseppe Gobbi, prescrisse dei test genetici sia a Edoardo che a me e a Devis. Mio marito, per fare più in fretta, prese i nostri campioni di sangue e li portò in macchina a Genova per farli analizzare”, ricorda Ilenia. “Il medico ci disse che l’ipotesi era quella di una malattia genetica molto grave, a trasmissione autosomica recessiva, e che quindi c’era il 25% di probabilità che anche la bambina nascesse malata”. Purtroppo l’ipotesi è diventata realtà: entrambi i bambini sono affetti da ceroidolipofuscinosi neuronale di tipo 2 e, da allora, la vita di Ilenia e Devis è stata stravolta da questa patologia.

“Io ero già al sesto mese di gravidanza, quindi avrei potuto abortire solo all’estero, ma decisi di portare a termine la gravidanza”, prosegue Ilenia. “Il dottore ci parlò di una sperimentazione internazionale su un nuovo farmaco, una terapia enzimatica che stava dando risultati incoraggianti: non guariva la malattia, ma perlomeno la stabilizzava, fornendo la proteina mancante”. La sperimentazione era in corso in quattro Centri: il Nationwide Children’s Hospital della Ohio State University a Columbus (USA), il Centro Medico Universitario Hamburg-Eppendorf di Amburgo (Germania), l’Ospedale Great Ormond Street di Londra (Regno Unito) e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Ilenia e Devis sanno che nei bambini con malattia di Batten l’aspettativa di vita è fortemente ridotta, e così inizia la loro corsa contro il tempo: contattano l’azienda farmaceutica che produce la terapia enzimatica e incontrano il dr. Nicola Specchio, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Purtroppo, solo Clarissa sarebbe potuta entrare a far parte del trial, perché ancora asintomatica, mentre la malattia di Edoardo era già in una fase troppo avanzata.

“Non potevo far trattare lei e lasciar morire Edoardo”, racconta Ilenia. Inizia così un lungo periodo di sacrifici, che però porterà entrambi i bambini a ricevere la terapia: il primo è proprio Edoardo che, al Bambino Gesù, viene sottoposto a un intervento per l’impianto di un catetere di Rickam per l’accesso ai ventricoli cerebrali e, nel 2016, fa la sua prima infusione del farmaco, direttamente nel cervello, tramite un programma di uso compassionevole. La coppia è costretta a trasferirsi a Roma per otto mesi, mentre Clarissa, che non aveva neanche un anno, rimane a Bologna con la sorella di Ilenia.

Poi, dopo le prime infusioni e l’assenza di effetti collaterali, Edoardo può tornare a casa, ma ogni 14 giorni deve tornare al Bambino Gesù per continuare il trattamento: per la famiglia, quindi, inizia una vera e propria vita da pendolari tra Ferrara e Roma, ma almeno di nuovo tutti insieme. E quando Ilenia e Devis entrano a far parte dell’Associazione Nazionale Ceroidolipofuscinosi (A-NCL), scoprono anche di non essere soli e conoscono tanti altri genitori che stanno vivendo lo stesso incubo.

Dopo qualche mese, però, devono separarsi nuovamente: Clarissa, infatti, nel 2017 viene arruolata nella sperimentazione e con la madre si trasferisce ad Amburgo, in Germania. Anche lei viene sottoposta all’intervento per l’impianto del catetere di Rickam nel cervello, dopodiché può iniziare le infusioni. Per Ilenia sono otto mesi molto duri, fra le preoccupazioni, le difficoltà della lingua straniera, il clima e la solitudine.

Oggi Edoardo ha undici anni e Clarissa sei, ma la mamma tiene a mente anche un altro calcolo: Edoardo è arrivato a 136 infusioni, Clarissa a 122; la piccola, nonostante il trattamento, l’anno scorso ha avuto la sua prima crisi epilettica. Vivono di nuovo tutti insieme, ma ogni 14 giorni devono tornare a Roma, al Bambino Gesù, dove sono seguiti dal dr. Nicola Specchio.

Quei quattro giorni al mese nella Capitale, per la famiglia, rappresentano una spesa fissa, che dovranno sostenere a vita: il treno, il taxi con la pedana per disabili, i pasti, i farmaci, oltre alla fisioterapia per Edoardo e alla logopedia per Clarissa. Così Ilenia e Devis hanno creato una raccolta fondi, e la loro storia è apparsa recentemente anche nella trasmissione dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù “Dottori in corsia”, in onda su RaiPlay e presentata da Federica Sciarelli.

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