Umbria: Lafora, appello alla Regione per le cure

Nel Lazio le prime infusioni a una giovane affetta dalla malattia neurodegenerativa rara che colpisce i ragazzi. La richiesta per i pazienti umbri

Alla presidente Tesei e all’assessore Coletto si chiede di assicurare le cure ai giovani malati di LaforaAlla presidente Tesei e all’assessore Coletto si chiede di assicurare le cure ai giovani malati di Lafora

Alla presidente Tesei e all’assessore Coletto si chiede di assicurare le cure ai giovani malati di Lafora

Ventisette casi in Italia. Ventisette adolescenti e altrettante famiglie che combattono contro un mostro: la malattia di Lafora, patologia rarissima e altrettanto vigliacca perché colpisce i sogni di ragazze e ragazzi proprio quando si stanno formando. Uno dei 27 giovanissimi italiani (nel mondo sono 250) colpiti da questa malattia neurodegenerativa vive a Perugia e ha 16 anni. La sua famiglia, in particolare la mamma Margherita e lo zio Francesco Gatti, hanno un unico obiettivo: dare speranza a lui e agli altri giovani malati, studiando, interpellando scienziati, assicurando cure.

Chi soffre di Lafora, detto in soldoni, è affetto da un errore genetico nel metabolismo del glicogeno: due proteine, la laforina e malina, non fanno il loro dovere e si generano accumuli di zuccheri che investono i muscoli, lo scheletro, il cervello. Diretta conseguenza sono crisi epilettiche sempre più gravi, un decadimento fisico e cognitivo che, purtroppo, finora, è inarrestabile. Questo succede in piena adolescenza: la malattia compare dopo i 10 anni. La prognosi è infausta: la sopravvivenza di chi è colpito da Lafora non va oltre i 27 anni. Vengono i brividi solo a raccontarlo. Figurarsi a chi vede un figlio o un nipote sfiorire. Ora c’è una speranza, un lumicino acceso in fondo a una galleria dove è buio pesto. Quella fievolissima luce arriva dal Lazio dove, qualche giorno fa, a una ragazza affetta anche lei da Lafora la Regione ha concesso di iniziare la terapia con il farmaco Myozyme, all’Ospedale Bambin Gesù di Roma. “Studi scientifici basati su dati oggettivi dimostrano come questo farmaco, nato per il Morbo di Pompe, possa avere efficacia anche per la malattia di Lafora”, spiega Francesco Gatti. In paratica il farmaco “rompe“ le placche di zucchero che si formano a causa del metabolismo “sbagliato“ del glicogeno.

L’appello è alla Regione dell’Umbria, affinché segua la strada dell’ente gemello laziale che ha consentito alla giovane paziente di sottoporsi alle cure:

“Sono convinto che ascolteranno le nostre richieste di aiuto e che anche qui da noi, presto, si possa procedere alle infusioni. Io non smetterò – continua Gatti – di far sentire con energia la mia voce facendo tutto quel che è necessario, finché il mio amato nipote non avrà quegli aghi infilati nel braccio”.

Nel Morbo di Pompe le placche si formano solo su scheletro e muscoli, nella Malattia di Lafora anche sul cervello (sono loro a causare le crisi epilettiche) ma il Myozyme non riesce a superare la barriera ematoencefalica. Quindi la richiesta per i malati di Lafora è anche un’altra: l’utilizzo, durante l’infusione, di una specie di “coroncina“ che invii ultrasuoni al cervello, “allenti“ la barriera ematoencefalica permettendo al farmaco di produrre effetti. Tutto questo per attenuare i sintomi e concedere tempo. Perché il tempo, nelle malattie genetiche rare è un fattore determinante: non è un alleato, anzi, ma è prezioso per la ricerca. Ecco, alla Regione dell’Umbria si chiede questo: di concedere tempo e speranza a chi ha tutto il diritto di sognare.