Telethon commercializza una terapia genica salva vita

Si chiama Strimvelis ed è un farmaco fondamentale per le immunodeficienze primitive. È stato finora usato per 40 bambini in tutto il mondo, altrimenti anche a rischio morte. Erano stati proprio i ricercatori Telethon del San Raffaele a metterlo a punto, poi la commercializzazione di Gsk, nel 2016, che però, due anni dopo, lo aveva ceduto ad altra casa farmaceutica. A marzo la notizia di un disinvestimento imminente, che spinge Francesca Pasinelli, d.g. della Fondazione, ad annunciare la decisione di accollarsene la commercializzazione: “Le istituzioni italiane ed europee ci diano supporto”

È la solita, triste, storia dei farmaci orfani: troppi pochi pazienti, affetti da malattie rare e solitamente genetiche, che rendono “diseconomica” la produzione e la distribuzione da parte dell’industria del farmaco.

Fondazione Telethon, da sempre in campo sulla ricerca dedicata alle malattie rare – 2.804 progetti di ricerca dal 1990: 2.708 completati, 96 in corso, 623 milioni di euro raccolti – ha annunciato che si farà carico di commercializzare direttamente una terapia genica per la cura dell’Ada-Scid, malattia che altrimenti può portare alla morte già nell’infanzia. Si tratta di un farmaco che, con una sola assunzione, opera sulle immunodeficienze primitive, che compromettono fin dalla nascita lo sviluppo del sistema immunitario. Una terapia che ha, oltretutto, una storia unica: è nata nei laboratori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica di Milano (nella foto in alto, due ricercatrici, ndr) e, ricorda la stessa Fondazione Telethon “è stata resa disponibile sul mercato del 2016 da Glaxo Smith Kline- Gsk”.

Non una cosa da poco: “È stato il primo farmaco approvato al mondo di terapia genica ex vivo, che prevede cioè la correzione genica al di fuori dell’organismo”. A oggi, ricordano alla Fondazione, “ha permesso di curare oltre 40 bambini da tutto il mondo, impossibilitati ad accedere all’unica altra cura possibile, il trapianto di cellule staminali, per mancanza di un donatore compatibile”.

E che cosa è successo dopo? Che cosa ha interrotto il percorso virtuoso che, partendo dalla ricerca non profit, arriva alla produzione industriale?

È accaduto che, nel 2018, Gsk ne abbia ceduto la licenza a Orchard Therapeutics Otl la quale, dopo meno di quattro anni di operatività, nel marzo scorso, ha annunciato l’intenzione di disinvestire dall’ambito della terapia genica delle immunodeficienze primitive e, a farne le spese, sarebbe appunto Strimvelis.

Non è la sola azienda e non è il solo farmaco: dopo un iniziale piccolo boom, quasi 20 miliardi di investimenti nel settore e oltre mille imprese a lavorare su terapie geniche, cellulari e tissutali, è arrivato non “lo sboom” ma il passaggio ad altre patologie, con numeri diversi. Come spiega la stessa Fondazione Telethon, “nel tempo l’interesse si è progressivamente spostato dalle malattie genetiche rare verso patologie più comuni, in primis i tumori, che possono garantire un maggiore ritorno di investimento. Nell’ultimo anno, una serie di campanelli d’allarme ha confermato la tendenza delle aziende farmaceutiche e biotecnologiche di questo settore a disinvestire dall’ambito delle malattie rare, per ragioni di insufficiente ritorno economico.

Il primo è stato, nell’estate del 2021, quando l’azienda Bluebird Bio ha deciso di ritirare dal mercato europeo le proprie terapie geniche per la beta talassemia e l’adrenoleucodistrofia, nonostante entrambe fossero state approvate dall’Agenzia europea del farmaco -Ema: alla base della decisione dell’azienda, il mancato accordo con gli enti pagatori di diversi Paesi europei sul prezzo e le modalità di rimborso di queste terapie”. E poi, dunque, il caso di Otl con Strimvelis.