Sindrome di Phelan-McDermid, aggiornate le linee guida europee

Il documento è il risultato di un lavoro durato tre anni con il coordinamento della Rete di Riferimento Europea ITHACA

La sindrome di Phelan-McDermid (PMS) è una malattia genetica ultra-rara della quale sono noti poco più di 600 casi al mondo. Si manifesta fin dall’infanzia con una serie di disfunzioni correlate allo sviluppo cognitivo, motorio e del linguaggio. Causata dalla perdita (delezione) della porzione terminale (q13) di un cromosoma 22 (delezione 22q13), comporta la perdita di una copia del gene SHANK3, che codifica per l’omonima proteina Shank3, espressa nel cervello, nel cuore, nel rene e in altri organi. L’assenza di tale gene impatta maggiormente sulle aree cerebrali coinvolte nei processi cognitivi.

I sintomi clinici possono essere estremamente variabili, ma il fenotipo comune nella PMS è caratterizzato tipicamente da un ritardo dello sviluppo motorio e intellettivo. I bambini colpiti regrediscono nella capacità di comunicare (smettono di parlare), possono manifestare comportamenti autistici (tendono a isolarsi) e disturbi del sonno, sono spesso agitati o iperattivi oppure manifestano problemi di attaccamento emotivo; inoltre, presentano quasi sempre un ridotto tono muscolare e in alcuni casi manifestano crisi epilettiche.

Fondamentale è dunque un approccio multidisciplinare, che coinvolga logopedisti, fisioterapisti ed esperti della comunicazione, per garantire una buona qualità di vita ai bambini che ne sono affetti, perché per questa patologia non esiste al momento alcun trattamento farmacologico.

A tal proposito uno specifico gruppo di lavoro della Rete Europea (ERN) ITHACA (European Reference Network for Rare Malformation Syndromes, Intellectual and Other Neurodevelopmental Disorders) ha realizzato l’aggiornamento delle linee guida europee dedicate alla gestione clinica della sindrome di Phelan-McDermid, pubblicate integralmente sul sito della stessa ERN.

Alla stesura delle linee guida hanno partecipato numerosi esperti europei, tra i quali la Dr.ssa Maria Clara Bonaglia, Ricercatrice e Biologa del Laboratorio di Citogenetica dell’Istituto Scientifico IRCCS Eugenio Medea di Lecco.

“Le linee guida adottate dal 2014 fino ad ora – spiega l’esperta all’Osservatorio Malattie Rare – erano il frutto di un ottimo lavoro di un team olandese. Tuttavia erano focalizzate solo sulla delezione 22q13 come causa della sindrome, per cui era necessario aggiornale tenendo conto della possibile presenza di varianti di sequenza del gene SHANK3 come ulteriore causa della malattia. Il metodo utilizzato per stilare le nuove linee guida europee ha seguito lo schema del precedente documento olandese, esteso e adattato al contesto europeo grazie al contributo di un consorzio costituito da specialisti e rappresentanti dei pazienti di 14 Paesi europei. Le raccomandazioni che sono scaturite da questo documento sono state sviluppate partendo da un questionario inviato alle famiglie per individuare le necessità e gli argomenti più importanti da affrontare e approfondire sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche. Gli aspetti migliorativi riguardano il processo decisionale clinico che, sulla base dei più recenti dati pubblicati su numerose e autorevoli riviste scientifiche, ha lo scopo di migliorare la qualità dell’assistenza offerta ai pazienti.”

Il documento fornisce due importanti strumenti pratici – prosegue Bonaglia – che sono la scheda di sorveglianza e la scheda di emergenza. La scheda di sorveglianza delinea tutte le indicazioni e le visite specialistiche da affrontare nel corso della vita per seguire più fedelmente l’evoluzione e i cambiamenti che si presentano con il passare degli anni. La scheda di emergenza riporta tutte le indicazioni utili a gestire una sopraggiunta situazione critica. Si può immaginare come una sorta di “carta di identità” della condizione clinica del paziente da poter esibire all’occorrenza. Per esempio, nel caso di un accesso al pronto soccorso.”

La sindrome PMS è molto rara, ma potrebbe essere una malattia sottodiagnosticata. “Le manifestazioni cliniche della patologia sono aspecifiche e sovrapponibili ad altre sindromi genetiche rare. Pertanto, in assenza di un test genetico specifico, per anni la condizione è certamente stata sottostimata”, spiega l’esperta. “Il primo caso a livello mondiale è stato rilevato nel 1985 in un ragazzo di 14 anni, mediante l’analisi del cariotipo, che consente di evidenziare delezioni 22q13 molto grandi o cromosomi ad anello, che rappresentano solo una parte delle anomalie genetiche che sono la causa della malattia. L’introduzione di nuovi metodi di indagine genetica, quali il cariotipo molecolare (analisi array-CGH) e il sequenziamento del genoma umano, hanno reso possibile individuare gli altri possibili difetti genetici, sia anomalie cromosomiche più piccole (definite microdelezioni 22q13) che anomalie nella sequenza del gene SHANK3, aumentando il numero delle diagnosi e rendendole più precoci. Oggi disponiamo di un test che ci permette di ottenere una risposta nell’arco di pochi giorni, a cui possono seguire approfondimenti genetici sia nel paziente che nei genitori. Le analisi di primo livello sono l’analisi di microarray cromosomici (CMA) per identificare la delezione del cromosoma 22 e, successivamente, disponiamo del sequenziamento dell’esoma (WES) per identificare le varianti del gene SHANK3.”

Non si tratta però di una patologia ereditaria”, prosegue Bonaglia. “Generalmente è causata da un difetto coinvolgente il gene SHANK3 che non è presente nei genitori (detta mutazione de novo). Uno dei genitori, raramente, può essere portatore di un’alterazione genetica che non causa la malattia ma può comportare un aumentato rischio di avere un figlio affetto. Ad esempio, un genitore può essere portatore di una cosiddetta traslocazione, in cui una parte del cromosoma 22 viene scambiata con un altro cromosoma. Ciò significa che il genitore è sano, ma i figli corrono un rischio maggiore di avere una delezione 22q13.”

Un lavoro importante dunque, quello di aggiornamento delle linee guida sulla gestione della sindrome di Phelan-McDermid, che impatta fortemente sulla vita delle famiglie. “Questo lavoro parte proprio dalle necessità delle famiglie – spiega Bonaglia – che sono state attivamente coinvolte nella stesura delle raccomandazioni.”