Malattie rare, i pazienti italiani sono 2 milioni, il 15% è costretto a viaggiare per curarsi

Sono circa 2 milioni le persone che in Italia sono affette da una malattia rara, il 15% delle quali è costretto a spostarsi sul territorio nazionale per cercare le cure migliori. I centri a più elevata specializzazione legati alla rete europea mancano infatti in sette Regioni, e i due terzi dei centri accreditati sono al Nord Italia, dove si trovano anche le strutture in grado di somministrare le terapie più avanzate e innovative.

Una situazione di sperequazione territoriale (in verità tristemente diffusa, in materia di sanità) alla quale vuole provare a porre rimedio, invertendo la rotta, il nuovo Piano nazionale Malattie rare 2023-2026, che lo scorso 9 novembre ha ottenuto in Conferenza Stato-Regioni il parere favorevole al decreto di riparto dei fondi per la sua attuazione (50 milioni di euro dal Fsn) e che prevede interventi precisi: le Regioni entro dicembre dovranno recepire formalmente il Piano, ed entro il 31 gennaio 2024 dovranno revisionare la Rete nazionale per le malattie rare, individuando i centri di eccellenza, riferimento e coordinamento sul territorio, di cui dovranno certificare l’attività entro il 31 gennaio 2025.

Per imprimere un’accelerazione sull’attuazione del Piano nazionale malattie rare istituzioni, associazioni di pazienti, rappresentanti del mondo scientifico e aziende farmaceutiche si sono riunite a Roma in occasione del convegno Il nuovo Piano nazionale malattie rare: una sfida al centro del futuro della sanità in Italia, organizzato con il patrocinio e la collaborazione di Uniamo e con il contributo non condizionante di Msd Italia.

il confronto è ovviamente partito dai dati: il Rapporto MonitoRare 2023 evidenzia alcuni punti di forza del sistema delle malattie rare in Italia; ad esempio, è cresciuto il numero di trattamenti disponibili per i pazienti, passati dai 31 del 2018 ai 45 del 2022. Tuttavia – è emerso – ci sono “ancora criticità che vanno affrontate, come la disomogeneità nell’accesso ai servizi socio-sanitari e l’incompleta attivazione degli screening neonatali, fondamentali per giungere a una diagnosi precoce e a una migliore presa in carico dei pazienti”.

“Le Regioni stanno recependo il Piano nazionale malattie rare, che permetterà una più efficace presa in carico delle persone che vivono con malattia rara con l’obiettivo di un supporto terapeutico costante e soprattutto omogeneo su tutto il territorio nazionale”  commenta Annalisa Scopinaro (nella foto), presidente di Uniamo, Federazione italiana malattie rare. “Stiamo lavorando tutti insieme per dare concretezza a un documento che necessita del supporto delle istituzioni, delle associazioni dei pazienti, dei clinici, della comunità scientifica, nonché del comparto farmaceutico. Il Piano affronta in modo diretto e preciso gli obiettivi su diagnosi, trattamenti, formazione e informazione per migliorare il più possibile la qualità di vita della comunità dei malati rari”.

Anche per Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata di Msd Italia (nella foto a destra), il nuovo Piano nazionale malattie rare rappresenta “un importante traguardo, in quanto interviene in modo concreto su importanti misure come la diagnosi precoce, i trattamenti farmacologici, i corretti percorsi di presa in carico dei pazienti definendone obiettivi, azioni e strumenti per misurarne gli effetti”. Ma Luppi ha anche voluto sottolineare come molto resti ancora da fare: “L’unico e grande obiettivo comune, quando pensiamo a migliorare la vita di un paziente ‘raro’, è una diagnosi precoce e accurata e un equo e tempestivo accesso alle cure, uniforme su tutto il territorio nazionale. Per fare questo, è necessario agire per eliminare i freni normativi e burocratici che ostacolano l’innovazione, l’equo accesso alle cure e l’attrattività del nostro mercato. È necessario introdurre nuove regole per gestire l’innovazione” ha concluso la Ceo di Msd Italia