Leucemia, Aifa approva un nuovo farmaco orale

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La leucemia linfatica cronica (Llc) è una delle forme più comuni di leucemia negli adulti: una diagnosi di leucemia su tre è di Llc, in genere viene fatta a un’età media di 70 anni, di poco più negli uomini: in Italia si stimano circa 1600 casi all’anno negli uomini e 1150 nelle donne. Talvolta non dà segni, e viene scoperta per caso, perché si fanno analisi di routine o per cercare altro, e si nota una crescita eccessiva di globuli bianchi, crescita che fa sospettare la malattia. Ma quando invece la malattia i segni li dà e diventa aggressiva bisogna intervenire immediatamente. La Llc fa parte della grande famiglia dei linfomi non Hodgkin, che insieme sono al quinto posto tra le neoplasie più diffuse. Di questa famiglia fa parte anche un linfoma molto raro, come quello della zona marginale. Può insorgere in qualunque momento della vita ma statisticamente la diagnosi arriva dopo i 60 anni, la malattia ha una progressione lenta e in Europa la stima è di 20-30 diagnosi all’anno su milione di abitanti.

Una nuova opportunità

Che cosa hanno in comune queste due malattie? La risposta l’ha data Aifa, che ha autorizzato il trattamento con zanubrutinib – farmaco di nuova generazione già approvato per un altro linfoma, la macroglobulinemia di Waldenstrom – sia per la leucemia linfatica cronica che per i malati con linfoma della zona marginale dopo almeno una terapia precedente con anticorpi antiCD20, prevedendone la rimborsabilità in classe H (prescrizione ospedaliera con piano terapeutico). E l’azienda che produce questo farmaco, la BeiGene, nata appena 13 anni fa negli Stati Uniti da una intuizione di uno dei più giovani membri dell’Accademia delle Scienze americana, Xiaodong Wang, prevede che altre autorizzazioni possano arrivare per altre malattie oncoematologiche, mentre i loro studi si cominciano a indirizzare anche verso alcuni tumori solidi.

Quando non si risponde più

L’approvazione di un nuovo farmaco è sempre una notizia importante, soprattutto lì dove i medici hanno necessità di avere strumenti diversi da poter utilizzare quando non si risponde bene ad alcuni farmaci, oppure non si risponde più, cosa che capita spesso quando si parla di malattie croniche. Per questo l’arrivo di un nuovo farmaco – in questo caso un inibitore della tirosino-chinasi di Bruton – è sempre visto con grande ottimismo. Non fa eccezione la professoressa Francesca Romana Mauro, associato presso l’Istituto di Ematologia della Sapienza di Roma. “L’approvazione di zanubrutinb da parte di Aifa è un’ottima notizia per noi e per i pazienti che seguiamo – precisa – sia perché il farmaco biologico ha un’elevata efficacia terapeutica, sia perché ha un buon profilo di sicurezza, soprattutto a livello cardiovascolare. E, soprattutto, perché si prende per bocca e per i pazienti è più facile seguire la terapia. Soprattutto quando la malattia è cronica e quindi la terapia non si sospende”.

E sottolinea l’importanza di avere a disposizione un farmaco orale anche Pier Luigi Zinzani, ordinario di Ematologia all’università di Bologna che spiega come si possa pensare a un cambiamento di pratica clinica per i pazienti, avendo dimostrato questo farmaco efficacia e sicurezza per tutti i tre sottotipi di linfoma della zona marginale, arrivando a una remissione della malattia. Si potrà in futuro sospendere la terapia senza che la malattia ritorni? “Troppo presto per dirlo e per provarci – risponde Zinzani – intanto siamo contenti di raccogliere frutti importanti per i nostri pazienti”.

Quando i farmaci arrivano ai pazienti

Già, perché dietro ogni sperimentazione e ogni approvazione ci sono loro, i malati, e ci sono le loro famiglie. Famiglie spesso travolte nella loro vita quotidiana da una diagnosi oncologica. “Noi ci siamo sempre – conferma Giuseppe Toro, presidente Ail, associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma – con le nostre linee telefoniche informative, attraverso le nostre iniziative, con il sostegno alla ricerca. Che arrivi un nuovo farmaco è sempre un’ottima notizia ma quello che importa davvero ai pazienti è quando sarà davvero disponibile, in ogni regione del Paese”. E spesso, invece, passano molti mesi, fino a 18, prima che i pazienti di tutte le regioni abbiano la stessa cura.