Cistite Interstiziale, la malattia rara di Francesca Neri

L’attrice ha scritto la sua autobiografia “Come carne viva ” e racconta la sua malattia fortemente invalidante, il rapporto con essa e il suo percorso dalle diffcoltà alla rinascita

La malattia come precipizio e poi come rinascita; la malattia che sfianca il corpo e poi, a un tratto, inaspettatamente, spalanca le porte di una nuova consapevolezza, rivelando scenari impensati; la malattia come viaggio alla scoperta delle parti più profonde di sé, come occasione di contatto con le zone più vulnerabili dell’essere; la malattia che non va ‘celebrata’ ma accettata, che richiede la tempra del combattente e, al contempo, una sana capacità di resa. “Come carne viva” (Edizione Rizzoli) non è un resoconto puntuale, ma piuttosto un flusso di coscienza: l’autobiografia con cui l’attrice e produttrice cinematografica Francesca Neri mette a nudo una parte della propria storia personale mai resa nota prima, rivelando la presenza nella sua vita di una malattia rara, cronica e invalidante come la cistite interstiziale che, nel volume, diventa la chiave di lettura di uno scollamento esistenziale all’insegna della continua ricerca dell’approvazione da parte degli altri.

Come spiega l’AICI, l’associazione italiana dedicata a questa patologia rara, la cistite interstiziale, nota anche come sindrome della vescica dolorosa, rappresenta una condizione di infiammazione cronica della parete vescicale caratterizzata da dolori pelvici cronici e da disagi legati alla minzione. “È come se la mucosa che riveste la parte interna della vescica fosse ferita”, scrive Francesca Neri. “Queste ferite bruciano e causano una varietà di altri sintomi: elevata frequenza minzionale, capacità vescicale molto limitata (per capirci: 50 millilitri, anche meno), contrattura muscolare pelvica, infiammazione, neuropatia, dolore. Dolore. Dolore”. Ma è proprio questo dolore a interrogare la donna, a costringerla a una pausa di riflessione: una sosta forzata tra un film e l’altro, tra un viaggio e un impegno, che la costringe a fare i conti con il proprio corpo: “Quando stai male devi per forza intercettare ogni segnale, interpretarlo nella frase che il tuo corpo ti sta rivolgendo – spiega l’attrice – una frase che magari è lunga decenni. È così che si trova il senso”.

“Come carne viva” racconta anche dell’affannosa ricerca di una diagnosi prima, e di una cura dopo. Un percorso che accomuna l’attrice alle altre persone che, con lei, condividono la straniante scoperta di una malattia, o meglio una sindrome, come spiega l’AICI, dai contorni sfumati e incerti. E così l’iter di Francesca Neri somiglia a quello di tanti altri pazienti: consulta un urologo dopo l’altro, i tanti suggerimenti degli amici la confondono, tra una conversazione e l’altra si affaccia la speranza di una cura miracolosa. E intanto l’attrice, anzi la donna Francesca Neri, si trascina tra il letto e il divano, trascorre ore nella vasca da bagno per attutire il bruciore con l’acqua fredda, divora serie televisive barricata in camera da letto e, come tanti, si affida anche a internet, dove scopre un universo inatteso: “A soffrire di cistite siamo in migliaia e stiamo tutti malissimo”, riflette. “La diagnosi non è sempre facile come nel mio caso: i forum sono pieni di storie terribili di persone che hanno impegnato cinque o sei anni per capire che cosa avevano e imboccare il giusto percorso terapeutico”.

Più dei medici e delle cure, sarà però proprio l’acquisizione di consapevolezza a indicare a Francesca Neri la strada da seguire, confermando la necessità, per le persone con malattie rare, di comprendere la patologia che condiziona così fortemente la loro vita: “Quando l’urologo numero uno mi aveva diagnosticato la cistite interstiziale cronica mi ero concentrata sulle prime due parole, l’ultima l’avevo rimossa, ma più avanti avrei scoperto che proprio quella era la chiave per stare di nuovo bene. Prendere coscienza del fatto che della cistite interstiziale non mi sarei liberata più e che dunque dovevo imparare a gestirla”. Prima di arrivare a queste conclusioni, però, Francesca vive un lungo periodo buio, in cui, oltre che con il dolore, deve confrontarsi, e scontrarsi, con la difficoltà di non sentirsi compresa da coloro che la vedono soffrire, in primo luogo le persone più vicine, come il marito Claudio e il figlio Rocco. Al dolore del corpo, quindi, si unisce quello dell’anima, misto alla frustrazione di non poter più essere la persona di prima e di sentirsi derubata della propria identità. Poi, come spesso accade, una volta toccato il fondo si affaccia quello strano desiderio di rinascita, un desiderio che si nutre della consapevolezza di quanto sia importante prendersi cura di sé stessi, ascoltando il corpo, coccolando l’anima, imparando a conoscere sempre meglio la malattia per prevenirne o, quanto meno, per attenuarne i sintomi. In altre parole: accettare i propri limiti sì, arrendersi mai.

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