Carta dei malati rari senza diagnosi, è disponibile il testo definitivo

Lo commentano il prof. Federico Maspes, il prof. Bruno Dallapiccola e l’Onorevole Maria Elena Boschi

Lo scorso 17 luglio la Carta dei malati rari senza diagnosi è stata resa pubblica attraverso il sito di Osservatorio Malattie Rare con l’obiettivo di raccogliere, nei 15 giorni successivi, eventuali commenti e considerazioni da parte di tutte le persone e le associazioni interessate. Il Testo della Carta, nella sua versione definitiva, sarà portato all’attenzione delle competenti Istituzioni, affinché i principi in essa contenuti possano finalmente essere resi concreti.

10 punti che compongono la Carta sono già stati elencati in articoli precedenti e spiegati nel corso dell’evento dello scorso 28 aprile, “La malattia genetica rara non diagnosticata: definiamo insieme un percorso”, tenutosi all’Argentario Golf & Wellness Resort di Porto Ercole (Grosseto).

Oggi, attraverso le interviste al Prof. Federico Maspes – Presidente della Fondazione Hopen Onlus, al Prof. Bruno Dallapiccola – Direttore Scientifico Emerito IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e all’Onorevole Maria Elena Boschi – Intergruppo Parlamentare Malattie Rare approfondiremo le motivazioni che hanno portato all’elaborazione di questa Carta dei diritti e le azioni future da mettere in campo per sostenerne la piena attuazione.

Prof. Maspes, da cosa nasce questa Carta dei diritti dei malati rari senza diagnosi?

La Carta nasce dall’esigenza di tradurre in fatti gli esiti di riflessioni congiunte, congressi e forse troppe parole sulle reali esigenze dei MRSD. Immaginiamola come una mappa che ci indichi il cammino più assistito possibile, con punti di riferimento chiari e accessibili durante il percorso, per raggiungere la diagnosi o convivere con una malattia sconosciuta.

Quanto è importante la sua diffusione?

Una diffusione ampia ed efficace rappresenta il primo e fondamentale passo per portare i contenuti di questo documento all’attenzione dell’opinione pubblica ma anche e soprattutto delle compente istituzioni, con la speranza che il Ministero della salute e gli organi pubblici e privati possano farla propria e supportarne l’applicazione e l’impego.

Quali sono i prossimi passi e perché è necessario il coinvolgimento delle altre associazioni impegnate sul tema? C’è qualche associazione al quale desidera rivolgersi in particolare?

Il numero delle malattie rare non diagnosticate sta aumentando e di conseguenza aumenta anche il numero delle Associazioni rappresentative di una popolazione riconoscibile solo nominalmente e in base al codice del gene malattia. Queste Associazioni hanno molto in comune, sostengono le stesse battaglie alcune di queste nominate nella carta: un codice di riconoscimento, l’accesso alle indagini genetiche, una condivisione su base mondiale, grazie ai server in rete, dello spettro clinico e del pattern cromosomico. Proprio per questo, le diverse Associazioni e Hopen dovrebbero allearsi per far confluire gli sforzi, creare un contenitore unico per dare una voce, più forte ed efficace, alle persone con malattie rare senza nome, sull’esempio del modello di Swan UK.

Prof. Bruno Dallapiccola quali sono le difficoltà che i clinici, i pazienti e le loro famiglie incontrano in assenza di diagnosi? Cosa consentirebbe il riconoscimento anche nel nostro Paese del codice loro dedicato?

Le persone affette da una malattia rara non diagnosticata (MRSD), oltre alle complessità proprie della rarità, sono costrette ad affrontare l‘ulteriore criticità della totale mancanza di informazioni sul loro quadro clinico. Di conseguenza, l’assenza di una diagnosi non consente di avere punti di riferimento certi, e perciò di affidarsi allo specialista più appropriato, né di ottenere la presa in carico più efficace. Solo nel nostro Paese oltre centomila persone si trovano in una di queste condizioni, che le relegano in una situazione di estrema solitudine e isolamento.

È atteso che oltre l’80% di questi malati sia affetto da una patologia geneticamente determinata e per questo potrebbero trarre vantaggio dalle analisi genomiche di nuova generazione (NGS). L’esperienza di molti centri, compresa quella dell’Ospedale Bambino Gesù, che da 10 anni è impegnato con i MRSD, indica che queste analisi possono oggi essere risolutive il circa il 60% dei casi. Purtroppo al momento queste analisi non sono ancora state inserite nei Livelli Essenziali di Assistenza e, in assenza di un Piano Nazionale per la Genomica (PNG), in Italia non è ancora operativa una Rete diagnostica consolidata; perciò la possibilità di ottenere questi test rischia di essere preclusa alle persone che risiedono nelle zone che dispongono di una limitata dotazione tecnologica o hanno difficoltà a ricevere una valutazione clinica accurata. L’auspicio è che possa essere quanto prima promulgato il PNG e le analisi genomiche siano trasferite ufficialmente nella pratica clinica. Ritengo che questa sia la prima risposta concreta che dobbiamo a queste persone. D’altra parte, già nel 2016 il Consiglio Superiore di Sanità aveva redatto un documento sull’Impatto socio-economico sul sistema sanitario delle tecniche di sequenziamento di nuova generazione nell’inquadramento dei pazienti senza diagnosi, ed aveva evidenziato la costo-efficacia di queste analisi; un dato largamente confermato dagli studi successivi.

Cosa è importante fare adesso per consentire la piena attuazione di quanto contenuto in questa Carta?

La carta dei diritti dei MRSD è stata redatta con l’obiettivo di fare conoscere le complessità che devono affrontare queste persone e condensare in un decalogo i loro diritti e gli impegni che competono ai decisori politici ed alla società. Un documento che si propone come “bussola” per le azioni da mettere in campo, con l’obiettivo di concretizzare il diritto di queste persone alla tutela della loro salute, così come riconosciuto dal principio dell’equità della nostra Carta Costituzionale, ribadito dalla risoluzione dell’ONU, a favore delle persone con malattia rara, nell’impegno a “non lasciare indietro nessuno”.

On. Maria Elena Boschi quale è può essere l’impegno delle Istituzioni rispetto alle istanze contenute dalla Carta e come possono essere d’aiuto le Associazioni e i clinici per velocizzare questo processo?

Il Parlamento è la casa di tutti gli italiani e il diritto alla salute è un diritto di tutti, per questo le istituzioni hanno il dovere di mettere in atto azioni per andare incontro alle giuste istanze della Carta.  In questi anni ho lavorato affinché fosse riconosciuto il codice di identificazione delle malattie rare non diagnosticate per accedere al SSN e alla rete di protezione sociale e affinché lo screening neonatale esteso avesse applicazione in tutto il territorio nazionale; in questo le associazioni e clinici devono continuare ad essere stimolo per la politica e le istituzioni.

L’Intergruppo potrebbe lavorare insieme ai pazienti per far sì che tutti i soggetti a diversi livelli interessati lavorino insieme per garantire a queste persone una presa in carico completa ed estesa?

È grazie ai pazienti che si comprende l’urgenza di dare attuazione al Piano Nazionale per le Malattie Rare, dotandolo di risorse adeguate, rivedere le tariffe e incentivare l’assistenza domiciliare.