Carola e la rara malattia di Lafora

La sua vita è appesa a un filo di un farmaco che nessuno sviluppa

I voti alti a scuola,  la passione per il nuoto, la voglia di vivere. Carola, all’età di 13 anni, viene colpita da un malore improvviso: la prima crisi epilettica accende un campanello d’allarme. Le crisi diventano sempre più frequenti, i farmaci cominciano a non funzionare. La sua vicenda è riportata in modo dettagliato da un servizio dell’Adnkronos. La diagnosi è di una sindrome rara. Anzi, rarissima: la malattia di Lafora. Quello che prima era semplice ora non lo è più: un’operazione di matematica, camminare, perfino pensare.

Lafora, alterazione genetica

La malattia di Lafora è un’alterazione genetica. Fa sì che si accumulino zuccheri in particolare a livello cerebrale, in assenza delle proteine che dovrebbero sintetizzarli, coinvolte nel metabolismo del glicogeno. Le persone che ne sono affette – circa una trentina in Italia e pochissime altre in tutto il mondo – hanno scarse prospettive di vita: dai 5 ai 10 anni dall’insorgenza dei sintomi. Una manciata di stagioni in cui il corpo si deteriora financo ad alterare le funzioni cognitive.

Il dolore dei genitori di Carola

Mamma Simona e papà Lorenzo brancolano nel buio. Fino a qualche tempo fa, la speranza dei pazienti affetti dalla malattia di Lafora era appesa a un farmaco che l’azienda americana Ionis Pharmaceuticals aveva iniziato a sperimentare. «Aspettavamo con ansia l’agognato traguardo dell’avvio del trial clinico sull’uomo – racconta all’Adnkronos Salute lo zio di Carola, Alessandro Ippoliti – Era anche partito un censimento dei pazienti». Poi, però, qualcosa va storto e il trial sfuma. «Ma noi non ci arrendiamo – promette Simona Fochetti, mamma di Carola. «Abbiamo principalmente due strade possibili e chiediamo aiuto perché se ne concretizzi almeno una».

La ricerca in Italia

L’obiettivo è quello far convergere la ricerca in Italia: «Chiediamo che si faccia avanti qualche azienda del nostro Paese per darci una mano», dicono sia lo zio che la mamma di Carola. La farmaceutica americana sembrerebbe disposta a cedere il brevetto. Ma i costi dell’operazione sono davvero proibitivi: dieci milioni di dollari, è la stima dell’azienda intermediaria. Per la sperimentazione sarebbero stati scelti 20 ragazzi in tutto il mondo. Tre i centri coinvolti: uno in America, uno in Spagna, e l’ospedale Bellaria di Bologna. Ma poi è arrivato l’ennessimo, inspiegabile stop.

La sperimentazione e le lungaggini

«C’è stato un grosso bando e finanziamento dei Nih (National Institutes of Health) e uno sforzo di tutti i principali scienziati del settore per comprendere il meccanismo della malattia», spiega Roberto Michelucci, direttore dell’Unità operativa di neurologia dell’ospedale Bellaria. A fine 2019, prosegue Michelucci, «sembrava imminente che si partisse con la sperimentazione clinica. Poi ci sono state delle lungaggini. L’azienda ha molti farmaci per malattie orfane, a un certo momento ha comunicato che questo non era più prioritario e cercavano di trovare una partnership con un’altra azienda che potesse gestire il passaggio nella clinica. Il farmaco deve essere somministrato direttamente all’interno dei ventricoli cerebrali, perché non passa la barriera ematoencefalica».

Lafora, il farmaco che dà speranza

La buona notizia è che quella del farmaco sperimentale non è l’unica strada percorribile per i pazienti affetti da Lafora. «Per esempio – spiega Michelucci – ci sarebbe un farmaco già approvato già in uso per la malattia di Pompe». Il problema è che si tratta di un palliativo: «E questo farmaco non è pensato per passare la barriera fra il sangue e il cervello», chiarisce l’esperto.  La somministrazione a livello celebrale sugli animali sembra funzionare e Sanofi – l’azienda produttrice – sarebbe disponibile a uno studio compassionale.