Sclerosi laterale amiotrofica, quali prospettive in ambito diagnostico?

Un recente studio offre interessanti spunti di riflessione per il miglioramento dei processi di identificazione e stadiazione della patologia

Rispondere alle domande in merito alle possibilità diagnostiche nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è tutt’altro che semplice, perché mancano strumenti in grado di anticipare in maniera specifica la presenza della malattia. La conferma diagnostica è affidata all’esperienza del neurologo il quale, prima di tutto, valuta i sintomi del paziente, indagando i segni clinici riferiti alla malattia, e poi procede per esclusione, scartando altre probabili cause di un progressivo deterioramento dei motoneuroni. Ma quest’operazione non è affatto rapida e per una malattia come la SLA, in cui il fattore tempo è cruciale, costituisce un grosso elemento di criticità che si ripercuote sui pazienti. Negli ultimi trent’anni sono stati fatti diversi tentativi di sintesi delle evidenze mediche che guidano il clinico nel processo di diagnosi di SLA, ma rimane da capire se tali criteri possano essere ulteriormente migliorati.

In una review pubblicata sulla rivista Amyotrophic Lateral Sclerosis and Frontotemporal Degeneration il prof. Adriano Chiò, Direttore del Centro Regionale per la SLA presso l’Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, e la prof.ssa Angela Genge, dell’ALS Clinic di Montreal, hanno discusso della necessità di aggiornare gli strumenti diagnostici oggi a disposizione del neurologo esperto non solo per confermare la diagnosi ma anche per valutare la prognosi della SLA; ciò che essi sottolineano è la necessità di adottare strumenti di valutazione rinnovati, più adatti a rispondere alle necessità del medico e a fornire un più solido inquadramento del paziente.

CRITERI DIAGNOSTICI

Risale al 1994 la prima edizione dei criteri diagnostici di El Escorial che, negli anni, sono stati oggetto di svariate revisioni essendo universalmente riconosciuti e adottati dalla comunità medica perché capaci di restituire una serie di indicazioni sulla base dei modelli di evoluzione della SLA. Tuttavia, l’applicazione di tali criteri nella pratica clinica non è immediata e la complessità di alcuni aspetti aumenta il rischio di interpretazioni errate nei casi di probabile SLA: ciò genera ritardi nella formulazione della diagnosi e, a volte, anche nella stratificazione dei pazienti (un elemento fondamentale per l’accesso agli studi clinici).

Inoltre, può accadere che l’evoluzione della SLA non segua le categorie proposte dai criteri di El Escorial, mettendo ancora più in difficoltà medici e pazienti. Per tale ragione, di recente sono state stilate nuove linee guida diagnostiche: si tratta dei criteri della Gold Coast, che puntano a migliorare le operazioni di diagnosi della SLA, introducendo, tra le altre cose, anche i disturbi cognitivi e comportamentali quali parametri critici di cui tener conto nel decorso della malattia. I criteri della Gold Coast sono più semplici da utilizzare e hanno una sensibilità diagnostica più elevata ma non includono l’utilizzo di test genetici o di biomarcatori (come la misurazione dei neurofilamenti nel plasma o nel liquido cerebrospinale), la cui affidabilità nel fornire precisazioni sulla diagnosi o la progressione di malattia ha acquisito concretezza in questi ultimi anni.

CRITERI PROGNOSTICI

Inquadrare correttamente la modalità di progressione della SLA è fondamentale per mettere bene a fuoco il grado di severità della malattia e predisporre i giusti interventi; per questo genere di valutazione esiste la scala di punteggio ALSFRS-R (ALS Functional Rating Scale-Revised)Tuttavia, anche un tale strumento ha delle limitazioni, dal momento che non fornisce informazioni sullo stadio di malattia o sui tempi di progressione della stessa e perde di efficacia in presenza di SLA in stadio più avanzato. Nell’ultima decina di anni sono stati sviluppati nuovi e più precisi strumenti per la valutazione della prognosi, come la scala funzionale Milano-Torino (MiToS), il sistema di stadiazione clinica di King o il sistema “Fine ‘til 9 (FT9): i primi due sono complementari e, se usati insieme, riescono a inquadrare svariati aspetti della malattia. Il sistema “Fine ‘til 9”, elaborato nel 2018, risulta più sensibile ma è pur sempre basato sui punteggi ALSFRS-R.

SUGGERIMENTI PER MIGLIORARE LA DIAGNOSI

Gli autori della review ritengono utile potersi riferire ai criteri della Gold Coast nella pratica clinica dal momento che essi consentono di stabilire una diagnosi di SLA in maniera più celere ed efficace, mantenendo un buon livello di specificità e sensibilità: questo è di enorme aiuto al paziente e alla sua famiglia che, insieme al medico, devono predisporre un programma terapeutico il più possibile centrato sulle capacità funzionali residue del malato al momento della diagnosi. Inoltre, l’utilizzo dei criteri della Gold Coast potrebbe favorire un più rigoroso accesso dei pazienti agli studi clinici, fondamentali per la validazione di possibili nuove opzioni terapeutiche.

Parallelamente, l’adozione dei moderni criteri per stabilire la prognosi, come le scale MiToS o di King, potrebbe offrire un inquadramento migliore poiché sono più semplici da usare e più strettamente associate al rischio di mortalità negli stadi più avanzati di SLA. Sebbene i risultati prodotti da queste scale di punteggio siano basati su dati di partenza differenti, possono comunque essere usate in combinazione, aumentando in tal modo la precisione del risultato e superando le reciproche limitazioni.

L’IMPORTANZA DI DATI REAL WORLD E DELLA TELEMEDICINA

Un altro aspetto preso in considerazione da Chiò e Genge è il ruolo delle indagini condotte in un contesto “Real World” (ossia nell’ambito della reale pratica clinica), che non sostituiscono il ricorso agli studi clinici randomizzati, costante punto di riferimento per la validazione di nuove opzioni terapeutiche, ma che comunque possono fornire indicazioni decisive, vista la ridotta popolazione delle persone con SLA e la difficoltà a reclutare i pazienti in eventuali sperimentazioni. Tali strumenti assumono ancora più valore con la realizzazione di specifici Registri di malattia nei quali siano raccolti i dati dei pazienti con SLA visitati presso i centri di riferimento: essi possono essere visti come lo specchio di una crescente esigenza di fare rete e collegare al meglio i centri sul territorio, non solo a livello nazionale ma anche internazionale.

Infine, va ricordato il ruolo della telemedicina quale strumento d’elezione per migliorare la presa in carico delle persone affette da SLA, non unicamente per l’erogazione di un’assistenza di qualità ma anche per la gestione di alcuni aspetti del percorso diagnostico, dal momento che i pazienti potrebbero essere valutati con i criteri di base della Gold Coast anche per via telematica. Naturalmente la conferma diagnostica, e soprattutto la valutazione della progressione, non possono prescindere da visite mediche effettuate in presenza ma, grazie al potenziale offerto dalla tecnologia e allo sviluppo di innovativi dispositivi indossabili o di comunicazione da remoto, l’assistenza sanitaria può puntare a un livello qualitativo più alto: il che, per una malattia come la SLA, deve essere considerato un obiettivo da non mancare.