Malattie Rare e dintorni: la storia di Maddalena e la sua famiglia

Sarebbe bello che nella vita tutto funzionasse come un orologio svizzero. Tutto perfettamente sincronizzato sui nostri progetti e desideri fin dal momento in cui si viene in questo mondo. Forse a qualcuno gira così, ma, per la mia esperienza, non è facile incontrarli. Al contrario è molto facile incontrare quelli a cui va diversamente, molto diversamente.  Un rovescio tale da lasciare spiazzati e fuori contesto, almeno in una larga parte della vita se non in tutta. E siccome al peggio non c’è limite, ecco che questo stato d’animo diventa così pesante che ti costringe a vedere l’oggi e il domani soltanto attraverso la sofferenza già provata.

Molto spesso questa è il percorso che è costretto a fare chi entra nel “magico” mondo delle Malattie Rare.

Dubbi, incertezze, sacrifici, dolore, conflitti, solitudine e quant’altro possa essere contenuto nella parola sofferenza.

Alcune volte da questa sofferenza spunta tutta la forza della resilienza dell’uomo con le migliori risorse da esprimere e condividere. Il dolore è sempre distruttivo,ma sulle macerie, si può sempre rigenerare e può spuntare una nuova vita. Voglio raccontarvi di questo, della giovane Maddalena, dei suoi familiari in particolare di suo padre Marco, delle malattie mitocondriali e dell’associazione MITOCON.

Le malattie mitocondriali

Le malattie mitocondriali sono un gruppo molto eterogeneo di patologie ereditarie  dovute a disfunzione della catena respiratoria causate da alterazioni nel funzionamento dei mitocondri. Presentano notevole variabilità clinica per quanto riguarda l’età d’insorgenza, il tipo di evoluzione e i tessuti coinvolti. La caratteristica comune è l’intolleranza agli sforzi, il facile affaticamento e l’accumulo di acido lattico nei tessuti muscolari quando la respirazione mitocondriale è insufficiente. Gli effetti tendono a interessare diversi organi e tessuti dell’organismo, in maniera non sempre prevedibile e quantificabile. Solo una piccola parte delle malattie mitocondriali segue le regole dell’ereditarietà mendeliana. Per le altre si parla di eredità mitocondriale. Significa che possono essere trasmesse ai figli solo dalla madre. Gli spermatozoi non forniscono infatti alcun mitocondrio all’atto della fecondazione. I mitocondri provengono esclusivamente dalla cellula uovo e sono, quindi, di origine materna.

MITOCON

La forza di Mitocon sta nell’aver creato una rete di pazienti, familiari, medici e ricercatori che, nel tempo, è diventata sempre più ampia e si è estesa a livello internazionale. L’avventura è iniziata nel 2007, quando un piccolo gruppo di genitori ha sentito l’esigenza di fondare questa organizzazione. In quegli anni, le malattie mitocondriali erano considerate estremamente rare, tanto che riuscire a entrare in contatto con qualcuno che stesse vivendo la stessa esperienza era di fatto impossibile. I dottori esperti di queste malattie si contavano davvero sulle dita di una mano, ma, anche se esperti, questi medici avevano ancora tanto bisogno che la ricerca lavorasse di più, molto di più, per riuscire ad aiutare i pazienti nel difficile percorso con la malattia. In tredici anni Mitocon è diventato in Italia il principale elemento di raccordo tra i pazienti, le famiglie e la comunità scientifica. Nel 2009 ha creato, con il supporto di Telethon, il primo Registro dei Pazienti Mitocondriali. Dal 2011, organizza annualmente il Convegno Nazionale sulle Malattie Mitocondriali, si avvale di un Comitato Scientifico composto da 16 dei massimi esperti mondiali di queste malattie. Finanzia la ricerca scientifica e, dal 2017, ha istituito un bando per selezionare progetti di ricerca mirati allo studio di queste patologie. Inoltre Mitocon, lavora in rete con le più importanti associazioni e società scientifiche coinvolte nelle patologie mitocondriali come AIM, ERNDIM, MMS, SIMMENS, SIN e fa parte della federazione italiana delle malattie rare UNIAMO FIMR. Mitocon è un’oasi nel deserto dell’ignoranza che pervade la società circa queste malattie, il suo appoggio alle famiglie che vi si trovano è importante, la spinta verso una ricerca che persegua la cura è fondamentale.

di Maddalena e la sua famiglia

Raccontare una persona in poche righe è sempre difficile – osserva Marco – le mille sfaccettature di una personalità corrono il rischio di rimanere ingabbiate in un quadro senza profondità. Maddalena, prima figlia, è nata nel 1994 e, come succede per tutte le famiglie, è stata una rivoluzione, ha dato un senso a tante cose, ha dato un senso alla nostra vita. Negli anni è cresciuta con regolarità e le sue conquiste riempivano le nostre giornate e i nostri pensieri. La sua timidezza faceva da contraltare a una spiccata intelligenza e, soprattutto, a una irriverente autoironia che, a parere di Marco, era il suo miglior pregio. Poco dopo aver raggiunto la maggiore età avemmo un assaggio della malattia – continua Marco. Una notte di aprile 2012 Maddalena ha una serie di attacchi epilettici, corsa in ospedale e ricovero, analisi, tac, risonanza, prelievo del liquor, qualche giorno in terapia intensiva, ma non si trova alcuna spiegazione al suo stato. Noi genitori eravamo frastornati, confusi, incapaci di capire cosa stesse succedendo. Poi gli attacchi epilettici si risolvono in qualche giorno, Maddalena inizia a stare meglio e dopo un po’ si torna a casa tutti felici e inizia un periodo in cui Maddalena comincia a recuperare pian piano, anche se rimangono forti mal di testa che pian piano si calmano, mangia pochissimo, dorme quasi tutto il giorno ma, dopo qualche mese, era tornata la ragazza di prima. Nel frattempo non si riesce ad avere alcuna spiegazione, la neurologa ci parla di epilessia primaria, che non ha una causa identificabile. Le condizioni di Maddalena progressivamente migliorano e la ripresa di una vita normale ci tranquillizza, ci fa sperare che il peggio sia passato, ci adagiamo nella spiegazione della neurologa e cerchiamo di riprendere i fili di una tela interrotta. Seguirono quattro anni di pace, con Maddalena che si diplomò all’istituto d’arte, fece qualche lavoretto, iniziava la sua vita da adulta. Poi, nel gennaio 2016, la tempesta improvvisa, di colpo una mattina Maddalena si alza con la visione ristretta all’occhio destro, vomito e crisi parziale; corsa in ospedale e qui, dopo qualche analisi, risonanze, un dottore ha un’intuizione: preleva del sangue e lo mandano ad analizzare e nel frattempo ci prospettano che la malattia potrebbe essere una sindrome mitocondriale e, in particolare, la MELAS!! All’oscuro di tutto, la prima cosa che facciamo è andare su internet e cercare quella parola, capiamo che quella parola, quasi dolce, nasconde una brutta malattia, una cosa orribile, leggiamo sbalorditi le possibili manifestazioni, le inesistenti terapie, le possibili terribili conseguenze, quasi una condanna definitiva. Si susseguono sei mesi di continui ricoveri per crisi varie, perdita di sensibilità al lato destro del corpo, semi cecità, sordità, cambiamenti repentini di personalità e altri infiniti sintomi. Nel frattempo, cercando altre possibilità, facciamo due incontri fondamentali, il primo con Mitocon, che ci fa sentire meno soli, il secondo con una specialista del Policlinico Gemelli, che ci consola aprendoci delle prospettive migliori di quelle che ci avevano detto. A luglio, finalmente, dopo un ulteriore ricovero, sembra che le cose comincino ad andare meglio, le manifestazioni della malattia cominciano a essere più blande, la somministrazione di cortisone dona a Maddalena nuova energia, il cocktail di medicine la rende tranquilla, insomma ricominciamo a fare una vita relativamente normale. A gennaio 2017 festeggiamo i 18 anni della sorella Gaia con Maddalena entusiasta per la festa e, dopo qualche giorno, festeggiamo anche i suoi 23 anni. Dopo qualche settimana cominciamo a notare che Maddalena è sempre più stanca, andiamo in ospedale per fare un ecocardio, convinti che non ci sia niente di grave. Appena la cardiologa vede il cuore di Maddalena la vedo preoccuparsi, ci trasferiamo subito alla terapia intensiva cardiologica. Lì passiamo circa un mese con miglioramenti e ricadute. I primi giorni di maggio Maddalena ha un crollo cardiologico importante, sta sempre peggio, la sera del 4 maggio è incosciente e i dottori ci dicono di prepararci al peggio, le analisi vanno sempre peggio, l’acido lattico aumenta all’infinito, le tengo la mano per farle capire che sono vicino a lei, le parlo… ma non so dire se senta qualcosa, non riesco a dirle che le voglio bene, che non mi può lasciare. Poco dopo la mezzanotte, mentre le tengo la mano, il suo cuore smette di battere.

della sconfitta e dell’umiliazione della vita

Da quel giorno sono passati cinque anni, la mia vita è cambiata per l’ennesima volta – osserva Marco -, il ricordo di Maddalena fa capolino nella mia testa tutti i giorni e lascia un’impronta di dolore, ma lei continua a essere in mezzo a noi, le sue foto sorridenti, i suoi splendidi disegni, le sue realizzazioni ci ricordano l’amore che metteva nel fare le cose. Come risollevarsi, come uscire dal tunnel in cui l’ha messo la vita?  Come ricominciare? – si domanda Marco – e si ricorda della sua passione per il teatro. Oggi il teatro, come mezzo rappresentativo, è passato in secondo piano rispetto alle produzioni televisive. Su internet e su altre piattaforme virtuali, si veicolano materiale di facile presa che stimolano reazioni emotive, attraverso immagini forti. Sono mezzi comunicativi e rappresentativi che distolgono dalla realtà, non facendoci riflettere, ma se mai immergere in mondi virtuali che ci alienano da quel che siamo, assorbendo completamente e annullando quella funzione dell’anima, che ci rende uomini. A teatro invece è possibile la catarsi cioè quel tentativo di sollecitare la purificazione degli stati emotivi che opprimono nella vita, come il dolore della morte. Nel teatro si esprimono la bellezza e il sublime. La bellezza porta a scoprire un’armonia insita nelle cose in sé, che ci allieta, ci alleggerisce. Il sublime invece ci fa patire il peso dell’esistenza e i suoi travagli, ma al contempo ci eleva rispetto ad essi. Il meccanismo del teatro è questo. Ci può far toccare vette emotive terribili e pian piano farci rendere conto che essa (la morte) non può distruggerci e attraverso questa percezione inizia la catarsi liberatoria. La morte di Maddalena non doveva uccidere il resto della famiglia – pensa Marco – era necessario portare il dolore a cicatrizzare. Tre spettacoli in cinque anni, come terapia di significazione del dolore, della ricerca di senso, se possibile, di quello che è accaduto. Il primo spettacolo “LA MERAVIGLIA DI ESSERE”, nel 2018 un anno dopo, inizio della guarigione interiore. Poi segue “UN ALTRO LUOGO UN ALTRO TEMPO”, nel 2019 e quest’anno 2022 “TORNANDO A CASA”  che chiude la trilogia a indicare che il cammino della vita può continuare anche se segnati nel profondo, si può ripartire senza rinnegare il dolore ma utilizzandolo per dare nuovo senso all’oggi e al domani. È stato bellissimo- dice Marco – è stato un balsamo per l’anima e ci ha aiutato a ricordare Maddalena nel migliore dei modi. Maddalena ci ha lasciato, l’abbiamo lasciata andare, è andata a sorridere in un posto migliore.

dell’epilogo per noi

La scelta di Marco, di sua moglie Dana e di Gaia, è stata quella di uscire allo scoperto e di aprirsi al paradosso della vita cioè di chiedere, allo stesso nemico con il quale hanno lottato e che li ha sconfitti e umiliati, di essere benedetti. Sì, hanno chiesto di nuovo proprio alla vita, maledetta, cattiva, feroce, di benedirli, permettendo loro, nella sconfitta, di riprendere a camminare, ma ricevendo in dono un amore nuovo e forte da condividere con chi vive una storia simile alla loro e disposto a aiutare chi verrà dopo. La storia umana è sempre uscita dall’anonimato dello scorrere del tempo con esperienze come la loro. Occasioni nelle quali il genere umano ha dimostrato di essere tale, decidendo di affrontare l’immensamente grande e forte, come il dolore della perdita di un figlio, riconoscendo la propria dignità interiore nella sconfitta e nell’umiliazione. Ripartendo dal riflesso interiore della luce di Dio e testimoniando ancora una volta e per sempre che soltanto il puro amore è capace di salvare se stessi, l’altro e cambiare il mondo. Possiamo essere certi che, nonostante la vita abortita di Maddalena e benché sconfitti e umiliati, Marco Dana e Gaia, hanno affrontato e vinto altrettanti mostri, quello della rassegnazione, dell’indifferenza, dell’egoismo, della mancanza di solidarietà e di empatia, garantendo alla nostra società di poter contare sempre su un futuro pieno dei veri valori umani.

di Marco vittorioso in guerra

Chi ricorda la lotta notturna tra Giacobbe e l’angelo sulle rive del fiume Jabbok che si descrive nell’Antico Testamento? E come andò a finire? Che Giacobbe ne uscì benedetto pur se fu sciancato! Ecco Marco e la sua famiglia, colpiti dalla perdita di Maddalena, figlia e sorella indimenticabile, hanno ricevuto la stessa benedizione. La capacità e la dedizione di impegnarsi nella comunità delle persone con malattia rara ma non solo, nella società. Marco ha razionalizzato il carisma dell’impegno civile attraverso la comunicazione teatrale. Si affacciano all’orizzonte nuovi progetti di nuovi spettacoli, nuove esplorazioni insieme al gruppo di volontari che è riuscito a riunire intorno a sé e alla sua famiglia (ma il merito va anche a Maddalena). Allora aspettiamoci presto la nascita di qualcosa di nuovo, forse una nuova serie di spettacoli o perché no, una nuova compagnia teatrale, staremo a vedere! Perché se il chicco non muore l’albero non può crescere. Auguri e buona vita!

Pietro Marinelli