La Rete Talassemie sta per diventare realtà: la soddisfazione di UNITED

Il dialogo col presidente Orlandi: “Nostro obiettivo è che i pazienti siano curati in modo ottimale, a prescindere dalla regione di residenza”

L’istituzione della Rete Nazionale Talassemie non può attendere oltreOra abbiamo un decreto approvato, che attende solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, finalmente siamo pronti per partire”, commenta così Valentino Orlandi, presidente di UNITED (Federazione Nazionale delle Associazioni Thalassemia Drepanocitosi Anemie Rare) la recente notizia dell’approvazione, da parte della Conferenza Stato Regioni, dello “schema di decreto ministeriale recante istituzione della Rete Nazionale delle Talassemie e delle Emoglobinopatie”.

Il documento, atteso dal 2017 (previsto dalla Legge 27 dicembre 2017, n.205), è il necessario passaggio per la formalizzazione della Rete Nazionale Talassemie. Rete che deve servire a risolvere una serie di problematiche estremamente gravi: notevoli differenze tra standard di cura regionali, carenza di sangue, assenza di PDTA standardizzati, disparità di accesso alle terapie farmacologiche innovative, ma anche non innovative (con conseguente divario di spesa out of pocket), carenza di clinici specializzati e dedicati.

I PROBLEMI RILEVATI DA UNITED

I pazienti con talassemia in Italia sono circa 7000. “Siamo tanti – prosegue Orlandi – e abbiamo delle necessità di presa in carico altamente specifiche. La prima riguarda, evidentemente, il sangue. Abbiamo necessità di trasfusioni continue, durante tutto l’anno. Per questo motivo è necessario che il registro di patologia, già allocato presso il CNS (Centro Nazionale Sangue), sia implementato il prima possibile. Come ben sapete in Italia, specie durante l’estate, si registra ogni anno una carenza di sangue. Quella carenza mette a rischio le nostre vite e la nostra qualità di vita.”

“La qualità della nostra vita ovviamente non dipende solo dalla frequenza delle donazioni o donazioni al fine delle terapie trasfusionali per i nostri pazienti – spiega ancora Orlandi – ma dalla possibilità di una presa in carico completa e multidisciplinare, un’equipe medica che possa valutare costantemente il nostro stato di salute globale, dal punto di vista cardiocircolatorio, epatico, infettivo, scheletrico, etc. Non tutti i centri però dispongono di queste equipe e non tutti i centri si fanno carico della salute globale dei pazienti. Il che si traduce in problematiche oncologiche, infettive, con conseguente invalidità e in alcuni casi la necessità di ricorrere a trapianti d’organo. Non è possibile che nel 2023 ci siano persone con talassemia che muoiono per epatocarcinomi o infezioni per non aver eseguito i monitoraggi nei tempi previsti dalle linee guida e raccomandazioni, è davvero una tragedia.”

“La qualità della vita di un paziente talassemico è inoltre determinata dalla possibilità di accedere alle terapie innovative – prosegue Orlandi – attualmente disponibili unicamente in alcuni centri e in alcune regioni. Ma anche dall’organizzazione puramente logistica: fa differenza poter contare su un centro qualificato vicino alla propria residenza, senza dover fare chilometri per potersi curare. E ancora c’è molta differenza tra un centro che con un day hospital mensile che organizza tutti i percorsi specialistici e per la tua terapia farmacologica, rispetto a un centro scarsamente organizzato che ti costringe a girare come una trottola tra ambulatori, farmaci e uffici per prenotazioni in autonomia con tempi lunghissimi”

LA RETE COME RISOLUZIONE DELLE CRITICITÀ PIÙ URGENTI

“Abbiamo partecipato alla stesura del primo documento – sottolinea Orlandi – che era stato licenziato già nel 2018 ma mai approvato. Insieme alla SITE e alle altre associazioni di pazienti abbiamo lavorato nuovamente per un unico obiettivo: dare a tutti i pazienti talassemici italiani la possibilità di essere curati in modo ottimale, a prescindere dalla regione di residenza e dal centro clinico di afferenza. A nostro avviso l’unico modo per poter garantire tutto questo è attraverso una rete ad altissima specificità, che riunisca strutture, clinici esperti, rappresentanti istituzionali e rappresentati dei pazienti.”

Si parte naturalmente dalle necessità più urgenti, quelle legate alla carenza di sangue. Problema che deve necessariamente essere risolto dal CNS e dagli attori coinvolti a partire dalla pianificazione e dalla stima delle necessità effettive: solo avendo a disposizione un registro pazienti esaustivo sarà possibile comprendere quali sono le effettive necessità di sangue annuali, mensili, settimanali. Dunque si passa alla presa in carico del paziente da parte dei centri di riferimento. Il modello di rete proposto si basa sull’attuale rete di reti e centri esistente, che però non è attiva in tutte le regioni.

In Emilia Romagna – precisa Orlandi – la rete regionale talassemia esiste dal 2005: nasce con una delibera regionale che riunisce in rete tutti i presidi ospedalieri che si facevano (e si fanno) carico dei circa 1000 pazienti talassemici e drepanocitici residenti in regione. La delibera, avvallata da tutte le strutture ospedaliere, ha immediatamente attivato un gruppo di lavoro di cui fanno parte l’assessorato, i singoli clinici e le 4 associazioni operanti sul territorio. Per fare in modo che i pazienti di Ferrara, Bologna, Modena e Ravenna e altre città della Regione siano trattati tutti con lo stesso standard of care. Non si tratta di una rete perfetta, ma che presenta un’applicabilità del circa 80%. Successivamente anche Sicilia, Puglia e Sardegna hanno attivato la propria rete. In questi casi sarà sufficiente formalizzare ciò che già esiste a livello regionale. Ci sarà invece più da lavorare nelle regioni in cui una rete non è mai stata strutturata: in questo caso dovranno essere identificati i centri Hub che dovranno necessariamente strutturarsi per offrire una presa in carico completa e soprattutto standardizzata: finalmente esisterà un percorso di cura condiviso da nord a sud, senza esclusione di alcuna regione.”

Saranno dunque necessarie ingenti risorse economiche per questa rete? Secondo Orlandi “non servono erogazioni dirette alla rete: servono clinici competenti, Istituzioni presenti e consapevoli. logistica e continuità. Concetti che già sono già ampiamente compresi nel DM70. Certamente sarà necessario pensare alla sostenibilità, anche in virtù della possibilità delle terapie innovative e geniche, ma parliamo prima di tutto del rispetto dei diritti fondamentali delle persone con talassemia, primo su tutti essere curati bene e in sicurezza.”