Alzheimer, delude la sperimentazione di Fase III sull’anticorpo monoclonale gantenerumab

Il rallentamento del declino clinico indotto dal farmaco non ha raggiunto la significatività statistica

La società farmaceutica Roche ha recentemente annunciato i risultati ottenuti negli studi clinici GRADUATE I e II, condotti allo scopo di indagare l’uso del farmaco gantenerumab in persone con decadimento cognitivo lieve (MCI) dovuto a malattia di Alzheimer precoce. Sebbene gantenerumab si sia stato ben tollerato dai pazienti, entrambi gli studi non hanno raggiunto l’endpoint primario di efficacia relativo al rallentamento del declino clinico causato dalla patologia.

Gantenerumab è un medicinale sperimentale, un anticorpo monoclonale IgG1 completamente umano che viene somministrato per via sottocutanea e che agisce legandosi alle forme aggregate di beta-amiloide, la proteina che si accumula in modo dannoso nel cervello delle persone con malattia di Alzheimer. Il farmaco è progettato per attivare le cellule immunitarie cerebrali (microglia) allo scopo di eliminare le placche amiloidi e prevenirne l’ulteriore formazione.

Negli studi GRADUATE I e GRADUATE II, i pazienti trattati con gantenerumab hanno evidenziato, rispetto al basale, un rallentamento del declino clinico non significativo dal punto di vista statistico, di rispettivamente -0,31 e -0,19 punti nella scala Clinical Dementia Rating-Sum of Boxes (CDR-SB), un indice in grado di misurare i cambiamenti cognitivi e funzionali della persona in sei aree specifiche riguardanti la memoria, l’orientamento, la capacità di giudizio e di risoluzione dei problemi, la vita di comunità, la quotidianità domestica e gli hobby, la cura personale. Rispetto al placebo, la riduzione del declino clinico indotta da gantenerumab è risultata essere dell’8% nel trial GRADUATE I e del 6% nel trial GRADUATE II. Nei due studi, il livello di rimozione della proteina beta-amiloide determinato dal trattamento con gantenerumab è apparso inferiore al previsto.

“Molte delle nostre famiglie sono state direttamente colpite dalla malattia di Alzheimer, per cui è molto deludente annunciare questi dati”, ha dichiarato Levi Garraway, Chief Medical Officer di Roche. “Siamo profondamente grati ai partecipanti agli studi GRADUATE, ai loro caregiver e ai siti di sperimentazione per il loro contributo a questa ricerca. Anche se i risultati non sono quelli che speravamo, siamo orgogliosi di aver fornito all’ambiente scientifico un set chiaro e completo di dati di alta qualità sulla malattia di Alzheimer e siamo ansiosi di condividere con la comunità quanto appreso mentre continuiamo a lavorare per trovare nuovi trattamenti per questa complessa patologia”.